23/04/17

Recensione di Magari domani resto di Lorenzo Marone

Trama: Chiamarsi Luce non è affatto semplice, specie se di carattere non sei sempre solare.

Peggio ancora se di cognome fai Di Notte, uno dei tanti scherzi di quello scombinato di tuo padre, scappato di casa senza un perché.
Se poi abiti a Napoli nei Quartieri Spagnoli e ogni giorno andare al lavoro in Vespa è un terno al lotto, se sei un avvocato con laurea a pieni voti ma in ufficio ti affidano solo scartoffie e se hai un rottame di famiglia, ci sta che ogni tanto ti arraggi un po’.
Capelli corti alla maschiaccio, jeans e anfibi, Luce è una giovane onesta e combattiva, rimasta bloccata in una realtà composta da una madre bigotta e infelice, da un fratello fuggito al Nord, da un amore per un bastardo Peter Pan e da un lavoro insoddisfacente.
Come conforto, solo le passeggiate con Alleria, il suo Cane Superiore, unico vero confidente, e le chiacchiere con l’anziano vicino don Vittorio, un musicista filosofo in sedia a rotelle.
Finché, un giorno, a Luce viene assegnata una causa per l’affidamento di un minore. All’improvviso, nella sua vita entrano un bambino saggio e molto speciale, un artista di strada giramondo e una rondine che non ha nessuna intenzione di migrare.
La causa di affidamento nasconde molte ombre, ma è forse l’occasione per sciogliere nodi del passato e mettere ordine nella capatosta di Luce. Risolvendo un dubbio: andarsene, come hanno fatto il padre, il fratello e chiunque abbia seguito l’impulso di prendere il volo, o magari restare, trovando la felicità nel suo piccolo pezzettino di mondo?
Dopo l’esordio folgorante con La tentazione di essere felici e La tristezza ha il sonno leggero, la nuova, straordinaria prova narrativa di Lorenzo Marone.Con una piccola, grande femmena del Sud che proprio non ci sta a farsi mettere i piedi in testa.

Questo è il primo libro di Lorenzo Marone che leggo e so che gode dal pubblico di una grande stima che posso confermare, a mio dire, meritata.
La storia ci parla di Luce e del suo piccolo mondo ai Quartieri Spagnoli a Napoli. E' un soggetto, ragazzi.... Sarà piena di dubbi e vive alla giornata, ma che carattere!!! Una bomba: non si fa mettere i piedi in testa, quando le deve cantare diventa un "bassotto incazzato" come dice lei, onesta, coscienziosa e moralista non nel senso ipocrita ma veritiero del termine. Ed essere così a Napoli non è facile, non nelle sue zone dove la Camorra esiste ma non si nomina.
E si nota quando l'avvocato per cui lavora, Geronimo, le affida il suo primo incarico da avvocato dopo una lunga gavetta presso altri e presso lui: dovrà seguire una madre ed il figlio per dimostrare che la madre non è idonea a crescerlo e rendere così esclusivo l'affidamento all'ex marito. Alla fine accetta, ma il suo carattere non si smorzerà.
Di Luce adoro anche l'ironia e l'anticlericalismo. Durante una discussione con la bigotta madre inveisce contro chi considera figlio solo sangue del suo sangue, considerandolo una forma di narcisismo. Cosa che sotto sotto non possiamo dire falsa.  E discutono anche del divorzio che chiaramente per la madre è "sacro ed insolubile". Anche se di carattere diverso, spesso mi rispecchio nella protagonista, la quale inizia a colpirmi molto quando tira fuori i ricordi (tutto parte dal padre), l'amarezza ed il dolore che li accompagnano, seguiti dalla forza e dalla rabbia per tirarsi su, sensazioni che capisco bene. I rapporti sono tesi con la famiglia anche dopo anni e Luce non molla il passato, però senza farsene bloccare.
Il romanzo è splendido anche per il dialetto napoletano. Non sono un'amante dei dialetti, ma mi piace leggerli, equipararli con l'italiano, vedere se capisco. Ma comunque in questo romanzo è bello leggere frasi in dialetto, fuso perfettamente nella narrazione. E la Napoli che ci viene regalata è un pò matta, solare, ma il male che la abita viene si  messo in mezzo, però non inquina la storia a dimostrazione che non esiste solo male.
L'unica cosa che non mi piace è la narrazione a pezzi delle cose. Quando mi fa digressioni parlando, che capita anche a noi, ci sta. Ma se inizi a descrivermi un fatto attuale o passato e descrivimelo, non saltare subito ad altro o non farmi rimanere con la domanda fino alla fine se una risposta esiste. Almeno nello stile narrativo ci sta bene.
Anche il finale lo trovo eccessivamente aperto, però lo apprezzo anche così. Un libro non dev'essere uno schema di geometria.
Questo libro è tanta roba: i personaggi che non ho elencato al gran completo, la scrittura, l'atmosfera.


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