12/04/14

Recensione di Grandi Speranze di Charles Dickens

Trama: La misteriosa fortuna che la sorte assegna all'orfano Pip, il suo altezzoso rifiuto dei vecchi amici, le sventure e le sofferenze che segnano il suo percorso esistenziale verso una consapevole maturità costituiscono la base di un racconto ove il senso di colpa e la violenza si fondono con spunti grotteschi nei quali la commedia assume connotazioni caustiche e crudeli. Dal momento in cui, nelle spettrali paludi del Kent, Pip si imbatte in Magwitch, un forzato evaso, fino all'ultimo incontro con la bella e cinica Estella che suscita in lui sterili emozioni e turbamenti, il lettore si trova coinvolto in una vicenda tanto drammatica quanto affascinante. Studio meditato dello sviluppo di una personalità, è questa l'opera di Dickens in cui più si avverte un notevole approfondimento psicologico che, unito alla raffinata maestria verbale dell'autore, consente di godere fino all'ultima pagina una storia ricca di eventi e di suspense.

Grandi Speranze è una lettura che mai avrei pensato di affrontare e che invece è rientrata nei miei programmi grazie ad un gruppo di lettura di Facebook che ogni mese lancia un genere letterario diverso.
Protagonista è Pip, Philip Pirrip, che vive in povertà con la sorella maggiore ed il marito Joe Garjery, privo di mezzi ed arte e sempre sotto le ire della scontrosa parente. La vita scorre monotona finchè non incontra un evaso, che scopriremo molto tardi chiamarsi Magwitch, e lo aiuta ad evadere fornendogli cibo col terrore di farsi beccare dai parenti. Da lì entrerà presto nelle grazie della zitella e matta signorina Havisham la quale ha una figliastra veramente bella ed altera, Estella, per poi divenire presto apprendista fabbro di Joe, ma lasciando ben presto anche quella strada scopre di essere il destinatario di una fortuna in cambio dei suoi progressi nel diventare un signorino a modo e trasferirsi a Londra.
Grandi opportunità e grandi speranze per il giovane Pip che, da che conosce Estella, quasi disprezza la sua umile vita, e spera inutilmente (almeno credeva) di poter divenire un gentiluomo. Nella postfazione notiamo come questo sia  l'unico romanzo di Dickens che "non ha speranze" perchè è chiaro che Pip andrà incontro a disfatta certa o comunque non un lieto fine convenzionale a differenza di altre sue opere. Pip poi è un vanaglorioso. Forse il personaggio meno virtuoso di Dickens. Capace e pieno di doti e virtù che però vengono surclassate dalla sua brama, dal suo snobismo. La realtà non bussa mai duramente alla sua porta se non alla fine e la lezione sarà aspra e di difficile digestione.
Questo autore è un maestro nel narrare debolezze e pregi umani, soprusi e meritare vittorie. Lo stile è molto descrittivo e la lettura mi si è rallentata a causa di questa dovizia di particolari che però è l'anima del romanzo e senza di essa tutto andrebbe a rotoli e Dickens non esisterebbe più. Un piccolo prezzo da pagare, ma che in realtà non lo è, in cambio di una grande lettura. 

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