13/03/17

Recensione di Altai di Wu Ming

Trama: «Che segno è quando un arcobaleno appare, non c'è stata pioggia e l'aria è secca e tersa?

È quando la terra sta per tremare, e il mondo intero vacilla».


Quindici anni dopo l'epilogo di Q.
Venezia, Anno Domini 1569. Un boato scuote la notte, il cielo è rosso e grava sulla laguna: è l'Arsenale che va a fuoco, si apre la caccia al colpevole. Un agente della Serenissima fugge verso oriente, smarrito, «l'anima rigirata come un paio di brache». Costantinopoli sarà l'approdo. Sulla vetta della potenza ottomana conoscerà Giuseppe Nasi, nemico e spauracchio d'Europa, potente giudeo che dal Bosforo lancia una sfida al mondo e a due millenni di oppressione.
Intanto, ai confini dell'impero, un altro uomo si mette in viaggio, per l'ultimo appuntamento con la Storia. Porta al collo una moneta, ricordo del Regno dei Folli.
Echi di rivolte, intrighi, scontri di civiltà. Nuove macchine scatenano forze inattese, incalzano il tempo e lo fanno sbandare. Nicosia, Famagosta, Lepanto: uomini e navi corrono verso lo scontro finale.
Wu Ming, il collettivo di scrittori che al suo esordio si firmò «Luther Blissett», torna nel mondo del suo primo romanzo.

Questo è il secondo romanzo del collettivo Wu Ming. Prima c'è stato "Linvisibile ovunque" (recensito QUI) che mi aveva colpito per la capacità di narrare un ambito poco noto della seconda guerra mondiale come quello delle false malattie psichiatriche per evitare la guerra e della dura lotta alla ricerca del falso malato (che diamogli torto a non voler andare in guerra!).
Mi sono trovata a leggere un loro altro lavoro. Altai che è ancora più poliedrico anche se storico.
I fatti si svolgono dal 1569 al 1571, epoca di tensioni con l'impero ottomano.
Emanuele De Zante è una spia del consigliere Nordio della Serenissima. I fatti si aprono con l'incendio di una porzione dell'Arsenale di Venezia. SI pensa subito ad un sabotaggio di cui finirà per essere capo espiatorio lo stesso De Zante, costretto alla fuga, poichè le sue origini lo collegherebbero agli ebrei. Cercherà rifugio nei meandri del suo passato, presso il Tuota, uomo dai traffici poco chiari che fu come un padre per Emanuele quando era giovane e disperso. Si troverà comunque nelle mani dei turchi e più specificamente del giudeo ebreo Yossef Nasi che orde una trama per farlo arrivare da lui a Costantinopoli ed usare la sua esperienza su Venezia a loro vantaggio.L'obiettivo di Nasi infatti è Cipro ed è convinto che De Zante li aiuterà.
Questo non  è solo un romanzo storico dove contano i fatti narrati. Contano perchè la storia dev'essere verosimile, non campata in aria e con poche licenze di modifica dei fatti e credo che Altai sia magistrale. Ma questo è anche il viaggio fisico ed interiore di un uomo. De Zante è il figlio illegittimo di un nobile veneziano. In realtà è un ebreo, Manuel Cardoso. Per tutta la vita si è sforzato di abbandonare le spoglie giudee che ripudia e di non farlo sapere a nessuno. Eppure in questo viaggio verso il nemico giudeo della Serenissima, al servizio dei musulmani, è costretto a riscoprire le sue origine e ad un certo punto ad abbracciarle. Io sono atea, mi ha un pò fatto storcere il naso questa evoluzione di De Zante/Cardoso. Prima tanto odio, poi improvvisamente giudeo convinto. Certo, la Serenissima per comodità lo tradisce, ma sono lo stesso perplessa da questo ritorno alle origini. Comunque non è un viaggio semplice, bensì sofferto. Di Emanuele/Manuel amo il suo carattere determinato, coraggioso, spregiudicato, valutatore ed osservatore (non a caso è un'ottima spia), aperto. Credo sia il personaggio che più ho apprezzato.
Battaglia di Lepanto
Yossef Nasi, importante quanto e più di De Zante invece mi sembra un illuminato, ma un pò folle, poco ancorato alla realtà. Va bene l'ideologia, ma credo esageri.
Ci sono mille altri personaggi importanti, come il gran visir del sultano, Sokollu. Il suo rapporto con gli altri personaggi sarà sempre in aperto antagonismo e sarà inaspettatamente importante.
Nordio invece rimane sullo sfondo, però mi ha proprio comunicato di essere viscido e sgradevole. Ma fare un'analisi della moglie di Yossef e della sua cameriera, del sultano, di altri collaboratori, delle memorie di Emanuele è un'impresa lunga e forse poco sensata in una recensione.
In sintesi un romanzo storico realistico, con parti cruente, ma un linguaggio fruibile benchè non semplicistico ed un'esposizione molto agevole. Non ci si addormenta leggendo per come è strutturato bene. Al massimo non piace il genere, punto, senza scuse. Qui non ci sono romanticismi inutili o altre chincaglierie. Si legge una storia vera con tutti gli elementi, storici ed umani, essenziali alle vicende.


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