22/08/13

Recensione di Un genitore quasi perfetto di Bruno Bettleheim

Trama: Non bisogna cercare di essere genitori perfetti o, tantomeno, aspettarsi che perfetti siano i figli. Il segreto - dice Bruno Bettelheim - sta nell'essere un genitore "quasi" perfetto, cercare di comprendere le ragioni dei propri figli, mettersi nei loro panni, costruire con loro un profondo e duraturo rapporto di comunicazione emotiva e affettiva. Solo questo scambio paritario consente di riconoscere, affrontare e risolvere i problemi che via via si presentano nella vita quotidiana della famiglia: dalle collere e dai capricci ai terrori notturni della prima infanzia, dal rifiuto della scuola alle ribellioni adolescenziali, dalla questione della disciplina a quella delle punizioni, dalle prime esperienze e dal gioco sino alla costruzione dell'identità del bambino. Diventato un classico della psicologia infantile, Un genitore quasi perfetto è un prezioso distillato delle idee e dell'esperienza maturate nel corso di una carriera più che sessantennale.


 Dire che ho adorato questo libro è riduttivo.
Lo avevo iniziato con ben poca aspettativa pronta a sbadigliare come con ogni volumazzo di cui si sa essere un pilastro in un dato campo. DI solito i pilastri sono letali. In questo caso però il tutto è mitigato dallo stile scorrevole ed anche dalla mentalità molto aperta di Bettleheim benchè il signore in questione sia nato ad inizio secolo e pochi suoi coetanei sono così "elastici" a livello mentale.
Questo testo è stato scritto nel 1987 ed è ora riedito tramite il progetto dello scorso anno del Corriere della Sera intitolato "La biblioteca dei genitori": io, purtroppo sono ferma a questo volume. Intento della "Biblioteca" è dare strumenti di valutazione utili ai genitori e che sono usciti dalla mano di tutti gli esperti dell'infanzia: psicologi, pedagogi, educatori e quant'altro soprattutto in un'epoca in cui dallo scorso secolo le unità familiare si sono spaccate e si trovano tanti piccoli nuclei familiari dove i neo genitori sono lasciati quasi sempre a loro stessi.
Il signor Bruno è fenomenale perchè non pretende di insegnarci il mestiere ne per interposta persona ovvero la sua ne per sua esperienza personale. Non punta quindi a darci un ricettario da seguire fedelmente spesso sbagliando sia perchè non è sua intenzione sia perchè un figlio sa quando non è farina del sacco del genitore.
Il volume è suddiviso in tre parti: genitori e figli, lo sviluppo della personalità individuale e la famiglia, il bambino e la società .
Capiamo da subito che Bettleheim fa caso a se. Utilizza un linguaggio chiaro anche per chi di psicologia e psicanalisi non sa un'acca. Ci fa capire come un bambino non sia una tabula rasa come si credeva e che speso tanti screzi nascono perchè i genitori non provano empatia e dimenticano cosa significhi essere stati bambini e figli. Infatti non si può pretendere di educare senza empatia ovvero senza immedesimarsi in quella persona. Tante azioni per noi scontate come l'ubbidire non lo sono, soprattutto se lo pretendiamo. Per il bambino non saremmo altro che dei tiranni. Serve poi disciplina che non significa essere rigidi ed imporre punizioni ma dare il buon esempio. A noi verrebbe da pulire le finestre a lavoro se nessun collega lo fa quando sarebbe compito di tutti?
Un capitolo è dedicato anche alle punizioni che secondo l'autore sono inutili e di breve durata. Anche se hanno efficacia è per poco perchè per il bambino sono un'imposizione. Meglio arrivare a far capire veramente al bambino perchè non si debba fare qualcosa o il proprio stato d'animo che non punire o alzare le mani.
Si capisce come il gioco sia importante e prioritario per far crescere i bambini. Le bambole, ad esempio, per rivivere la società che ci presentano i grandi e le armi giocattolo per sfogarsi senza che per questo crescano dei delinquenti. E' più facile che cresca male un bambino maltrattato o ignorato piuttosto che un bimbo che cresce con le pistole giocattolo. I bambini col gioco sperimentano, si sfogano, imparano, capiscono chi sono.
Vediamo poi analizzate la società di ieri e quella di oggi. Sicuramente non sarei in grado di vivere con tanta gente in un piccolo spazio, avendo già provato. Eppure una volta tante cose andavano meglio. Certo, c'era meno ed a 13-14 anni già si lavorava ma si viveva meno e c'era più unione, più famiglia.
Oggi tante famiglie scoppiano perchè i genitori credono che tutto sarà sempre rosa e fiori, non reggono alle difficoltà soprattutto come coppia. Una volta ci si arrovellava per risolvere i problemi o almeno mitigarli.
L'adolescenza poi è nata dopo la Prima guerra Mondiale e non è sempre esistita. Esisteva, certo, ma solo per i nobili e borghesi che potevano vivere nell'agio. Non certo per la gente comune che di cambiamento aveva quello dall'infanzia alla pubertà che più o meno coincideva con l'ingresso del mondo del lavoro e non molto dopo del farsi una famiglia. Chissà se, a considerarci meno "ragazzi" le cose non andassero meglio. Per quanti problemi ci sono a 20 anni ci consideriamo ancora adolescenti quando in altri paesi nordici già a 18 si è considerati adulti e ci si impegna per fare da soli anche con poco.
Si parla anche di festività e dei loro significati per i bambini che si sentono protetti da queste ricorrenze che vogliono dire cibo, affetto e regali. Vengono prese in esame il Natale e San Nicola, Halloween, il primo Aprile. Il Natale ed HAlloween probabilmente, attraverso tutti i cambiamenti socioculturali , sono le migliori. La prima perchè permette al bambino di poter ricevere un regalo senza sentirsi in colpa anche se ha fatto il birichino e di non dover provare gratitudine forzata ed Halloween è una delle poche feste in cui un bambino può fare il birbante e fare qualche atto vandalico perchè è inutile ingannarsi, noi adulti siamo razionali e capaci di reprimere la negatività e neanche sempre. Ma i bambini sono puro istinto e logica personale. Hanno bisogno di sfogarsi ed essere autorizzati in particolari occasioni a fare i cattivi. Purtroppo però oggi le feste dei piccoli sono state rubate dagli adulti come Halloween ed il Natale è ipercommercializzato. Ovvero abbiamo inquinato le feste per avere atmosfere sempre linde e cortesi che snervano i bambini.
Il libro è comunque troppo complesso per parlarne in una recensione ma credo che sia una lettura prioritaria almeno per i genitori che non temono o sminuiscono i libri. A mio dire fa il paio con Bambini e Basta di Irene Bernardini (qui la recensione) che ho trovato illuminante in quanto d autorità genitoriale in un mondo dove i genitori spesso hanno rinunciato al loro ruolo lasciando i figli nel caos educativo e non se ne rendono conto.
Insomma, se volete approfondire, tanti temi familiari qui le risposte! Non vincolanti sia chiaro...L'intento è dare una voce confortante ed aiutare i genitori a sentirsi passabili e non perfetti. Adatto a genitori, curiosi, educatori ed interessati alle tematiche.

2 commenti:

  1. non vedo l'ora di leggerlo..appena termino la hogg potrei leggere questo:)

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    1. Se hai voglia di due volumi sull'educazione dei bimbi ... è l'ideale!!!! Stimo sia lui che lei!!!!

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