26/09/17

Recensione di Scomparsa di Chevy Stevens

Trama: Il giorno in cui viene rapita, Annie O’Sullivan, una giovane agente immobiliare, ha tre obiettivi da raggiungere: vendere una casa, dimenticare un recente litigio con la madre ed essere pronta in tempo per una cena romantica con il suo ragazzo. Quando arriva il suo ultimo cliente Annie s’illude per un attimo che sarà il suo giorno fortunato. Non sarà così. Sarà l’inizio di un incubo. Alternato alle sedute di psicoterapia durante le quali Annie narra il dramma della sua prigionia durata un anno, gli abusi psicologici e le violenze fisiche subiti, la dolcezza con la quale arriva a guardare il suo aguzzino, c’è il resoconto degli eventi successivi alla fuga: la lotta per riprendersi la propria identità e le indagini della polizia per scoprire chi abbia architettato il sequestro di cui è stata vittima. Ma la verità non sempre rende liberi.

Ho iniziato Scomparsa con gran scetticismo e con scetticismo ho proseguito la lettura. Non sono un'amante del genere e le prime righe non mi convincevano.
La voce narrante è quella di Annie, giovane agente immobiliare, durante le sedute dalla psicoterapeuta che la segue da qualche tempo dopo il suo ritrovamento. La ragazza è stata infatti rapita e trattenuta per un anno da un uomo misterioso che l'ha aggredita durante un open house di Annie. La storia inizia appunto con una Annie libera e c'è il contrasto tra la sua prigionia, che ci verrà narrata al dettaglio, e la sua nuova vita da donna libera.
E' un'esperienza agghiacciante sia leggere del periodo da rapita sia nel post perchè tutto quel che ha vissuto è una corda che si serra sempre più attorno al suo collo, la sensazione di non essere più al sicuro, la paura di dormire, di trasgredire le regole che le sono state imposte da prigioniera, la rabbia, la depressione, la voglia di tenere tutti lontanti e forse di scoprire la verità. 


Il libro è senz'altro avvincente, ma io ho dovuto arrivare quasi alla fine per sentirmi emozionata e davvero coinvolta, quando eravamo ormai vicini alle rivelazioni finali (e che rivelazioni).
Per tutta la lettura, nonostante, la mole di carne al fuoco messa dall'autrice, mi sembrava un racconto distorto, distante, dove la protagonista si limitava ad un monologo con la dottoressa. Va bene il cattivo carattere, un'esperienza di rapimento non addolcisce di certo, ma sentivo Annie lontana.
Non è cambiata la percezione, però si è sfumata molto verso la fine.
Mi sorprendono le persone che hanno a che fare con lei. La migliore amica Christina, talvolta anche l'ex Luke e soprattutto la madre di lei che continua a stuzzicarla e dirle che anche gli altri hanno sofferto,mantenendo un atteggiamento dove lei è tanto vittima quanto la figlia. Non c'è paragone secondo me. La madre ha sofferto, ma quella che ha subito violenze verbali, fisiche, sessuali e psicologiche per un anno che deve dire?

La Stevens sa come tenere alta l'attenzione facendoci concentrare sul presente e dandoci assaggi del passato da completare o che ci stuzzicano a proseguire.
Il libro è scritto davvero bene, con perizia ed attenzione ai dettagli ed uno stile leggero per quanto non elementare.
Fatti di cronaca simili ce ne sono a bizzeffe, sono pochi i fortunati sopravvissuti, anche se i danni subiti fanno pensare se vale la pena salvarsi. Un'esperienza simile credo che spezzi per sempre e che sia dura tornare alla vita normale.
Quel che sconvolge è cosa porti un uomo a fare questo. Nel romanzo c'è molto di più perchè il rapitore era solo una semplice pedina (infatti per 3/4 di libro il movente non c'era), ma in ogni caso cosa si guasta perchè una persona decida di rapirne un'altra, di maltrattarla?
Non so nemmeno se sono domande per cui vorrei una risposta.


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